64 D. Franchetti, la scuola ostetrica pavese tra Otto e Novecento
Daniela Franchetti, La scuola ostetrica pavese tra Otto e Novecento
Presentazione di Paolo Mazzarello
Cisalpino-Istituto editoriale universitario, Milano 2012, IX, 415 p.
Fonti e studi per la storia dell’Università di Pavia
ISBN: 978-88-205-1037-4
Il Centro per la storia dell’Università di Pavia promuove e coordina lo studio sistematico dell’Ateneo pavese dalle sue origini ai giorni nostri. Questo lavoro viene svolto con particolare riferimento ai contributi che lo Studio pavese ha dato al progresso della cultura, alle istituzioni e alle strutture scientifiche e delle Facoltà nel loro sviluppo nonché alle figure rappresentative dei docenti e alle relazioni tra le vicende universitarie e la vita politica e sociale.
Ampie ricerche sono dedicate anche alle caratteristiche dai demografiche e sociali della popolazione studentesca e dei docenti.
In Italia risale al XVIII secolo la fondazione di scuole dedicate a insegnare l’ostetricia “minore” alle aspiranti levatrici. A Pavia la scuola ostetrica aprì i battenti nel 1818. All’esordio non mancarono problemi logistici e organizzativi, che i docenti affrontarono cercando sostegno nelle istituzioni universitarie, politiche e civili. Questa fase pionieristica fu tuttavia anche quella in cui si formò la tradizione ostetrica pavese, caratterizzata dalla sperimentazione del parto prematuro provocato.
Nel primo cinquantennio post-unitario la scuola raggiunse livelli di eccellenza, grazie all’opera di docenti come Edoardo Porro, Alessandro Cuzzi e Luigi Mangiagalli, che modernizzarono la clinica secondo i principi della nuova cultura igienista. In quegli spazi si sperimentarono nuove tecniche operatorie e maturarono proposte per una nuova legislazione sociale da estendere a tutto il Paese.
Inizia anche una trasformazione socio-culturale nelle allieve della scuola, provenienti soprattutto dai ceti urbani di Pavia e dintorni, dal sud della Lombardia e dal vicino Piemonte orientale. A partire dagli anni Novanta del XIX secolo le ex allieve, diventate libere professioniste o assunte nelle condotte ostetriche, divennero più consapevoli del proprio ruolo sociale, si organizzarono e discussero sulla stampa di settore e nei Congressi i problemi della categoria. Con le riforme introdotte durante il Ventennio fascista, la formazione si fece più lunga e approfondita, ma s’assottigliò il numero delle iscritte. La figura dell’ostetrica tuttavia uscì definitivamente dal cono d’ombra del sospetto e del secolare disprezzo verso un mestiere legato al sangue e al sesso. Si iniziò finalmente a percepire l’ostetrica come una professionista a tutti gli effetti, subordinata al medico, ma ricercata e ascoltata dalle donne per le sue competenze in ambito ostetrico-ginecologico e pediatrico.
Daniela Franchetti è dottore di ricerca in Storia delle Istituzioni e della Società nell’Europa contemporanea. Insegna storia e filosofia al Liceo “Marie Curie” di Tradate (Varese). Dal 1983 collabora con l’Istituto varesino per la storia dell’Italia contemporanea “Luigi Ambrosoli”, per il quale ha scritto articoli e saggi su temi di storia politica e sociale della provincia di Varese. Ha contribuito alla realizzazione delle iniziative del progetto “Brioschi e il suo tempo” del Politecnico di Milano.